Risparmio e cultura finanziaria: «Gli italiani? Ultimi in classifica»

Italiani bocciati in «cultura finanziaria». Siamo tra i più ignoranti in Europa quando si parla di «inflazione, capitalizzazione composta, tasso di interesse e diversificazione del rischio»: infatti solo un italiano su tre conosce il significato di almeno tre di questi quattro concetti base. È questo l’impietoso risultato del primo censimento eseguito in Italia sui progetti per diffondere l’educazione in campo economico. La ricerca, presentata ieri, è stata effettuata dalle Autorità di vigilanza (Banca d’Italia, Consob, Covip e Ivass) con il Museo del Risparmio, la Fondazione per l’educazione finanziaria ed al risparmio e la Fondazione Rosselli (d’intesa con i ministeri dell’Economia e dell’Istruzione).

Manca un quadro nazionale formativo

Il rapporto «documenta la frammentazione» dei progetti, molti «con un numero di partecipanti modesto» e «solo pochi» con «un significativo impegno economico». «Non sono mancati gli sforzi di tutti, non mancano le iniziative, è mancato il coordinamento», osserva il vicedirettore generale della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini. Una risposta, auspica, può arrivare dalle iniziative legislative all’esame del Parlamento. Pesa, però, «l’assenza di un quadro nazionale che definisca in modo unitario fabbisogni formativi, priorità e criteri di intervento». Tra le maggiori criticità «la carenza di valutazioni sulla capacità delle iniziative di incrementare e incidere sui comportamenti». Soprattutto delle fasce più deboli e meno formate della popolazione, donne, anziani e piccole imprese, spesso non raggiunti da programmi mirati di formazione. Lo studio, che abbraccia il triennio 2012-2014, ha censito 206 iniziative di educazione finanziaria, promosse da 256 soggetti: tra questi, in qualità di erogatori e finanziatori, figurano 144 banche, 32 assicurazioni e 14 fondi pensione. Tra i progetti 66 sono stati classificati come interventi di «educazione» (più costosi per il maggiore impegno di risorse umane e finanziarie) e 140 come interventi di «sensibilizzazione e informazione».

Le lacune

Gli esperti hanno inoltre notato che «la grande varietà di attività che perseguono lo sviluppo della cultura economico-finanziaria si traduce in una ampia eterogeneità dei costi delle diverse iniziative: infatti l’80% dei progetti è costato meno di 50 mila euro, mentre solo l’8% ha superato i 100 mila euro. Complessivamente il nostro sistema formativo in campo finanziario ha molte lacune: «L’esperienza internazionale indica come requisito fondamentale – spiegano i ricercatori – la misurazione dell’efficacia degli interventi nel migliorare le competenze dei partecipanti». In Italia, però, «la cultura dell’analisi di impatto è ancora poco sviluppata – precisano nell’indagine -. Inoltre la carenza di valutazioni strutturate rende complesso determinare l’efficacia dei programmi». Se si aggiunge che «per gli studenti l’educazione finanziaria è frammentata», i promotori dello studio sottolineano oggi la necessità di avere «livelli di alfabetizzazione finanziaria spesso superiori a quelli attualmente disponibili in larghi strati della popolazione». Non meraviglia quindi leggere nel rapporto di Bankitalia un sondaggio di Standard & Poor’s del 2014: nel confronto gli italiani sono tra i meno preparati rispetto ai cittadini Ue e di altri Paesi avanza

 

FONTE CORRIERE DELLA SERA

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